Jun 08, 2020 / 12:32PM
di Bruce Edelstein, Coordinator for Graduate Programs and Advanced Research, NYU Florence
Tema della settimana: Viaggi
Uno dei tesori della Collezione Acton a Villa La Pietra è il dipinto della Sacra Famiglia con Sant’Elisabetta e San Giovanni Battista di Giorgio Vasari. Si tratta di una delle poche opere che non ha più la collocazione originale scelta dagli Acton; è stata infatti spostata nella sala da pranzo al pian terreno per dare l’opportunità ai visitatori della collezione di vedere il dipinto e la sua magnifica cornice (fig. 1).
Una foto storica, scattata nei primi anni Venti, mostra come al dipinto era stata riservata una collocazione di prestigio, sopra il caminetto nella camera da letto di Hortense e di Arthur (fig. 2).
A giudicare dal soggetto e dalla misura, si evince che l’opera di Vasari fu realizzata quasi sicuramente come oggetto di devozione per un’abitazione privata (fig. 3). Nel Rinascimento immagini della Sacra Famiglia erano considerati appropriati in un ambiente domestico, dove le donne erano incoraggiate ad ammirare immagini di infanti ben formati nella speranza che poi ne avrebbero fatti nascere tanti loro stesse. L’inserimento della Santa Elisabetta e del San Giovanni Battista duplicava il numero di maschi nel quadro e incrementava il numero di donne di varie età, rispecchiando il modo in cui le famiglie vivevano e si occupavano dei bambini nella case patrizie fiorentine.
Fig. 3 – Giorgio Vasari, 1511-1574, “Sacra Famiglia con Sant’Elisabetta e San Giovanni Battista“, 1540 circa, olio su tela, cm 110 x 90, Villa La Pietra, Sala da Pranzo.
Nel passato, l’opera del Vasari sarebbe stata considerata un esempio canonico di Manierismo, termine che ancora oggi induce un dibattito fra gli studiosi: alcuni storici preferiscono infatti oggi di evitare di usarlo. Mettendo da parte questa questione complessa, non ci sono dubbi che la Sacra Famiglia degli Acton incarni perfettamente la definizione irresistibile di Manierismo di John Shearman di “stylish style” (stile elegante). Una delle caratteristiche più evidenti di questo stile è la compressione delle figure verso il primo piano della composizione, rifiutando l’illusione di uno spazio in profondità costruito geometricamente e preferito dai pittori fiorentini del quindicesimo secolo. Il dipinto sembra assomigliare quindi ad un rilievo scultoreo, senza nessun riferimento all’ambientazione delle figure, accennata soltanto dall’illuminazione e dalla forza dei loro contorni.
Il dipinto contiene un’altra caratteristica del Manierismo: il riutilizzo di una figura inventata da un altro artista in un nuovo contesto, non inteso necessariamente per riprodurre la funzione dell’idea originale, bensì di riaffermare la sofisticazione dell’artista e dello spettatore nel riconoscere la fonte. Qui Vasari cita la Sibilla Libica nella volta della Cappella Sistina (fig. 4) nella figura del Cristo Bambino. La citazione non è letterale, ma sarebbe stata riconosciuta subito per la sua posa altamente contorta, un primo esempio della figura serpentinata con le sue molteplici torsioni, invece del più classico contrapposto, caratterizzato da un maggior riposo e torsione singola del corpo.
Un dettaglio particolarmente rilevante è l’alluce flesso del Bambino, un particolare così rilevante per Michelangelo che lo disegnò ripetutamente in dettaglio su un rinomato foglio di studi, ora al Metropolitan Museum of Art, per esser sicuro di aver catturato bene l’effetto (fig. 5).
L’opera si basa anche su altre fonti, specialmente le molte Sacre Famiglie dipinte dal maestro di Vasari, Andrea del Sarto, che è stato il maggior responsabile per aver popolarizzato l’inserimento di queste donne anziane grinzose nelle vesti di Sant’Anna o Santa Elisabetta. Vasari si ispira anche alle opere di Leonardo e di Raffaello, in particolare nella posa di S. Giovanni Battista nel ruole di Precursore, con braccia conserte sul suo corpo, che indica il Cristo Bambino. Vasari potrebbe essersi ispirato sia per il gesto specifico che per la composizione in generale, dalla splendida Madonna dell’Impannata di Raffaello (fig. 6).
Quest’opera fu commissionata in origine da un ricco banchiere, Bindo Altoviti, che fu a sua volta uno dei primi mecenati di Vasari, assumendolo prima per fare la pala d’altare della cappella di famiglia in SS. Apostoli a Firenze, e per altri commissioni più tardi a Roma. Vasari certamente conosceva il lavoro di Raffaello prima del 1550, quando la descrive nella prima edizione delle Vite come opera presente nella casa di Altoviti a Firenze. Più tardi fu confiscato dai Medici e messo dal Vasari stesso sopra l’altra nella nuova cappella che lui progettò per l’Appartamento di Leone X in Palazzo Vecchio.
La Sacra Famiglia di Vasari racconta molte storie oltre a quella del tema raffigurato, il suo soggetto di devozione inerente alla Visitazione, l’incontro biblico delle cugine Maria e Elisabetta durante le loro gravidanze miracolose, viste qui insieme invece in un momento successivo non ben definito con i loro figli già nati. Un’altra storia importante descritta nel dipinto si riferisce ai viaggi dell’artista. Nato ad Arezzo, Vasari passa la maggior parte della sua carriera a Firenze, ma ha viaggiato anche a Venezia, Roma e Napoli, fra altre città in Italia. Questi viaggi coincidono perfettamente con il periodo di datazione su basi stilistiche della Sacra Famiglia degli Acton. Come abbiamo visto, il dipinto contiene riferimenti sofisticati alle opere di Michelangelo e Raffaello a Roma, dove Vasari ha lavorato negli anni 1540 e primi 1550. Possiamo anche associarlo al suo soggiorno a Venezia, tra il 1541 e il 1542, essendo un’opera su tela, come era d’uso comune dagli artisti nella Serenissima, mentre la tavola in legno rimaneva il supporto preferito degli artisti a Firenze in tutto il Cinquecento. Un altro collegamento a Venezia può essere visto negli inserti a losanga dipinti nella spettacolare cornice che sono anch’essi attribuiti a Vasari, raffiguranti personificazioni femminili delle Virtù come rilievi fittizi. Questi erano i motivi prediletti da Vasari e appaiono spesso nelle sue opere eseguite insieme ai suoi collaboratori più tardi a Firenze. Tuttavia, le sue prime esplorazioni di questi temi accadano precisamente a Venezia, in pannelli dipinti per il soffitto di una stanza del Palazzo Corner Spinelli, le cui parti sopravvissute sono ora esposte alle Gallerie dell’Accademia.
Gli Acton stessi erano degli assidui viaggiatori. Dalle loro fotografie e cartoline sappiamo che visitarono tutte le città in cui ha vissuto Vasari tra il 1540 e il 1550: Roma in varie occasioni; Venezia, la fonte di numerose opere d’arte nella collezione, sia dentro la villa che per le sculture fuori in giardino; e Napoli, dove il padre di Arthur, Roger, era nato, sulla quale Sir Harold scrisse un fondamentale libro storico — I Borboni di Napoli — e rimase importante nel mito della famiglia. Vasari, al contrario, sorvola il suo periodo a Napoli nelle Vite, frustrato e imbarazzato da quello che può essere definito soltanto come un fallimento professionale. Ma questa è un’altra storia!
BIBLIOGRAFIA
Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori scultori ed architettori, 9 vols., ed. Gaetano Milanesi, Florence: Sansoni, 1878-85.
Giorgio Vasari, Lives of the Painters, Sculptors and Architects, 2 vols., trans. Gaston Du C. De Vere (Everyman’s Library), New York: Alfred A. Knopf, 1996 (orig. ed., 1912; 1st Everyman’s Library, 1927).
Mostra del Cinquecento toscano in Palazzo Strozzi (ex. cat.: Florence, Palazzo Strozzi, Apr.-Oct. 1940), Florence: Marzocco, 1940, p. 88 (and fig. 41).
John Shearman, Mannerism (Style and Civilization), Harmondsworth: Penguin, 1967.
Laura Corti, Vasari: catalogo completo, Florence: Cantini, 1989.
Patricia Lee Rubin, Giorgio Vasari: Art and History, New Haven: Yale University Press, 1995 (esp. chapter IX, “Raphael, the New Apelles,” pp. 357-401).
Julian Kliemann, “Giorgio Vasari,” in Grove Art Online, 2003 (retrieved 4 Jun. 2020 from https://www-oxfordartonline-com.proxy.library.nyu.edu/groveart/view/10.1093/gao/9781884446054.001.0001/oao-9781884446054-e-7000088022).
Anna Bisceglia, ed., Giorgio Vasari e l’Allegoria della Pazienza (ex. cat.: Florence, Galleria Palatina, 26 Nov. 2013-5 Jan. 2014), Livorno: Sillabe, 2013.
Anna Bisceglia, Matteo Ceriana & Paolo Procaccioli, eds., Pietro Aretino e l’arte nel rinascimento (ex. cat.: Florence, Gallerie degli Uffizi, 27 Nov. 2019-1 mar. 2020), Florence: Giunti, 2019 (esp. Giulio Manieri Elia, “Giorgio Vasari, La Pazienza,” cat. 3.26, pp. 158-159).